
consigliere regionale e capogruppo del Partito dei Sardi in Consiglio regionale.
“Art. 1 bis. Direzione generale della Pesca, Acquacoltura e Politiche del Mare.
Al fine di valorizzare il ruolo della pesca e dell’acquacoltura nello sviluppo socio-economico della Sardegna e di garantire un efficace coordinamento delle politiche e delle azioni regionali in materia, entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale, su proposta dell”assessore competente, presenterà un disegno di legge per l’istituzione di una Direzione Generale della Pesca, Acquacoltura e Politiche del Mare”.
Inizia così, con questo emendamento da noi presentato e votato all’unanimità dal Parlamento Sardo, la nuova stagione della marineria Sarda e di tutta la filiera ittica.
Da oggi la Pesca non sarà più figlia di un dio minore, non più relegata ai margini di una politica agricola imperniata quasi ed esclusivamente sulla zootecnia. Entro tre mesi vedrà la luce una Direzione Generale esclusivamente dedicata Pesca, Acquacoltura e Politiche del Mare.
L’emendamento votato dall’aula segue la mozione n. 232 (primo firmatario Congiu) del 20 aprile del 2016 con la quale il Consiglio si espresse unanimemente per la separazione del comparto Pesca dal comparto agricolo mediante l’attivazione di una direzione o di un dipartimento dedicato.
Pensavamo allora e continuiamo a pensare oggi che sia improcrastinabile che la Sardegna si doti di una struttura dedicata alle politiche del mare separandole da quelle agricole zootecniche in senso stretto.
Solo così diamo più autorevolezza alla Sardegna nella programmazione e gestione dei fondi europei.
Solo così rendiamo la Sardegna più efficiente nell’assistenza alle imprese ittiche che altrimenti sono abbandonate a loro stesse.
Solo così tuteliamo la specificità della nostra marineria connotata da un elevato grado di specificità nella pesca costiera e lagunare assicurando al comparto finanziamenti fruibili e utilizzabili.
Il settore della pesca ha da sempre rivestito un ruolo rilevante nello sviluppo socio-economico della Sardegna.
Sebbene l’Isola manifesti una naturale vocazione e propensione per tale attività, pur tuttavia l’economia regionale non registra un elevato grado di dipendenza economica dalle attività della filiera ittica: si pensi che in termini di valore aggiunto il comparto ittico incide sul PIL dell’Italia per lo 0,24 per cento; in Sardegna si attesta intorno allo 0,31 per cento circa mentre in Sicilia, la percentuale più alta, siamo intorno all’1 per cento.
In termini di occupati e indotto, il comparto Sardo annovera circa 10.000 addetti dei quali circa 3.000 marittimi risultano imbarcati su una flotta di 1.350 imbarcazioni, cui si aggiungono i circa 1.000 operatori negli impianti lagunari.
Le norme settoriali, soprattutto quelle di derivazione Comunitaria, presentano oggi un livello di complessità tale da imporre un modello di organizzazione amministrativa e di governo dell’intera filiera ittica adeguato e, soprattutto, interamente ed esclusivamente dedicato.
Per contro gli indicatori di sostenibilità sociale hanno evidenziato come gli attuali livelli sono decisamente insoddisfacenti e andrebbero migliorati: la produzione interna diminuisce, crescono le importazioni e peggiora il disavanzo commerciale.
Tutto ciò favorisce il fenomeno del cosiddetto “effetto impoverimento” rispetto al contesto sociale di riferimento (quello agricolo).
Pensiamo che non solo il comparto pesca, ma tutta la filiera ittica debba avere, all’interno dell’organizzazione amministrativa regionale e per la rilevanza e potenzialità del comparto, una struttura dedicata capace di “fare sistema” con tutti gli attori della filiera, in grado di supportare e orientare le politiche e le strategie di azione.
Per tutte queste ragioni è stato importante approvare l’emedamento ed è stato significativo averlo fatto oggi quando è in corso la rimodulazione dei Fondi Europei per il prossimo triennio e quindi ancora tecnicamente possibile spostare le risorse laddove necessitano.
Non solo, strutturare una Direzione Generale (o un Dipartimento) dedicata alla Pesca e alle Politiche del Mare, consentirebbe ulteriormente di essere protagonisti nella futura programmazione dei fondi strutturali (2021-2027) che già da adesso stanno discutendo a Bruxelles, tavolo in cui la Sardegna non siede né le sue istanze trovano sponda alcuna.
Avere idee chiare su cosa vogliamo e dove vogliamo andare, ci permetterebbe di dire la nostra e veicolare i fondi verso le nostre strategie e senza subire quelle altrui.
Anche sul versante delle concessioni di pesca e acquacoltura una pianificazione adeguata con una struttura amministrativa dedicata porterebbe ad uno snellimento dei tempi e delle modalità di rilascio delle concessioni, poichè il lavoro preparatorio sul territorio fatto in fase pianificatoria garantirebbe il rilascio in tempi brevi delle autorizzazioni.
Ad esempio se in fase di pianificazione fossero individuate le aree vocate e fossero ottenuti – in via amministrativa – tutti i pareri dei vari enti che hanno competenza, non si obbligherebbe l’impresa privata ad una inutile e dispendiosa peregrinazione nei vari uffici in quanto, l’unico onere che avrebbe, sarebbe quello di presentare la domanda, partecipare al bando e gestirlo già all’indomani dell’aggiudicazione.
Soldi risparmiati e rapidità di avvio degli investimenti e quindi delle produzioni.
Tutti a vario titolo vincerebbero. Pubblica amministrazione e imprese.
Una struttura più efficiente rende la Sardegna più competitiva, più autorevole, più efficiente.
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