
Il Consiglio di Stato si è pronunciato sull’annosa vicenda del termovalorizzatore di Tossilo (qui il provvedimento integrale).
A darne notizia oggi è L’Unione Sarda con un pezzo a firma di Fabio Ledda e che merita di essere letto sino in fondo per la chiarezza espositiva, per la efficace sintesi di passaggi giuridici estremamente complessi, per l’abiura di una narrazione partigiana e populista a beneficio di una sintesi asciutta ed essenziale.
Due i pilastri fondanti la pronuncia dei supremi giudici amministrativi:
- nessuna violazione amministrativa e coerenza con il Piano Regionale rifiuti;
- nessun pericolo per la salute pubblica.
Ecco alcuni brani tra i più significativi:
1. Quanto alla parte relativa alla correttezza procedurale:
“…Ad avviso del Collegio, il T.a.r. ha innanzitutto posto a base del giudizio un dato normativo (quello di cui all’art. 199 del d.Lgs. n. 152/2006) che è stato non rettamente inteso nella sua portata effettiva (…)
E’ quindi agevole riscontrare, dalla lettura del comma 10 della citata disposizione (“ Le regioni, sentite le province interessate, d’intesa tra loro o singolarmente, per le finalita’ di cui alla parte quarta del presente decreto provvedono alla valutazione della necessita’ dell’ aggiornamento del piano almeno ogni sei anni, nonche’ alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformita’ alle procedure e nei limiti delle risorse previste dalla normativa vigente.”) che non fosse esatto in assoluto fare riferimento ad un “Piano scaduto”, al momento dell’esame del progetto: ciò in quanto il 2.12.2014 (quando il Piano non era ancora scaduto) la Giunta, con delibera n. 48/20, ne aveva disposto l’aggiornamento: la citata disposizione non prevede che il detto aggiornamento debba intervenire nei sei anni dall’adozione, ma prevede che entro tale data si debba valutare la necessità – o meno- di un suo aggiornamento.
5.2. Ulteriore – e questa volta certamente decisivo, invece- profilo di non condivisibilità della statuizione demolitoria riposa, ad avviso del Collegio, nella considerazione del termine “transitorio” quale sinonimo di “breve durata” che il T.a.r. ha fatto propria non analizzando il significato di tale avverbio con l’evento cui lo stesso era correlato. Può concordarsi infatti, con la circostanza che la GR nel 2008, in sede di approvazione del nuovo Piano, abbia espresso condivisione per la soluzione fondata su due poli (Cagliari e Sassari), con integrazione “in via transitoria” della prosecuzione dell’operatività dell’impianto di Macomer, da rimodernare (per sostenere le funzioni “nelle veci” di Sassari).
Ora, però, se tale dato è vero, non è meno vero che –come segnalano fondatamente le amministrazioni originarie resistenti ed odierne parti appellanti principali- da un canto il paragrafo 9.3. del Piano non stabiliva affatto che l’impianto di Macomer, alla fine del periodo transitorio, sarebbe stato certamente dismesso: tale valutazione sarebbe spettata, ed in un momento successivo, all’Autorità d’ambito; per altro verso comunque, il par. 9.3.4 (che certamente si riferiva al periodo transitorio) già prevedeva il revamping dell’impianto suddetto; mentre, di converso, non ci si trova al cospetto di certezze in ordine alla durata del periodo in cui l’impianto avrebbe dovuto sostenere “le veci” dell’impianto di Sassari di futura operatività, né si rinvengono elementi in ordine alla entrata in funzione del detto polo di Sassari
5.2.2. Allineando detti dati, ne discende che:
a) certamente, nel periodo antecedente alla piena entrata a regime –contemporanea- dei due poli di Cagliari e Sassari l’impianto di Macomer avrebbe dovuto continuare a funzionare;
b) certamente nel periodo transitorio era già previsto il revamping;
c) incontestabilmente il progetto sul quale si controverte non implica la erezione, ex novo, di un ulteriore impianto, ma il potenziamento di quello esistente;
d) non vi sono dati certi in ordine alla entrata in funzione, a regime, dell’impianto di Sassari.
5.4.2. E’ incontestabile che una scelta quale quella operata dall’Amministrazione rientri nella lata e responsabile discrezionalità tecnica della medesima: il sindacato che su quest’ultima ha svolto il T.a.r., privo di riferimenti certi di natura tecnica, si è risolto in una affermazione altamente suggestiva ma intrinsecamente priva di elementi di supporto e, come tale, non condivisibile.
5.5. In particolare, il Collegio evidenzia che:
a) la stessa delibera della giunta regionale di approvazione (n°737 del 2008) contemplava esplicitamente la possibile sopravvivenza dell’impianto di Macomer, “almeno per la gestione del transitorio necessario per il raggiungimento della configurazione a regime”;
b) anche le deliberazioni della giunta regionale n°12/22 del 2010 e n°39/32 del 2011 fanno a ciò riferimento, avendo avuto altresì cura di chiarire che non era stato (ancora) individuato l’impianto di termovalorizzazione per il Nord Sardegna (del. 12/22), “posto che non risulta pervenuta dal territorio alcuna proposta attuativa delle previsioni del Piano” (del. 39/32).
5.5. Quanto alle problematiche tenute presenti dal T.a.r. in punto di spesa pubblica, in disparte che le stesse non potrebbero – isolatamente considerate- condurre all’annullamento di atti amministrativi, esse non appaiono condivisibili in fatto: infatti il T.a.r. rileva che il “potenziamento” dell’impianto avrebbe comportato l’ingente impegno finanziario pari a 42 milioni di euro ( in spregio a quanto esposto nel Piano del 2008, ove -per il revamping- era stato previsto un costo massimo di 30 milioni): il dato finale, tuttavia, non coincide con alcuno di quelli suindicati, in quanto al netto del ribasso d’asta offerto in sede di gara l’investimento ammonta ad € 34.627.022,00: v’è sì un incremento rispetto alle previsioni del Piano 2008, ma esso non assume la portata attribuitagli dal T.a.r.,ed occorre tenere altresì conto del decorso del tempo.
Nel caso in esame pare al Collegio che le valutazioni rese dal T.a.r. siano state esuberanti rispetto ai ristretti parametri del giudizio di legittimità e che – quanto a tale esclusivo parametro – gli atti impugnati siano immuni dai denunciati vizi, dal che discende l’accoglimento dei riuniti appelli principali.
2. Quanto alla parte relativa alla mancanza di pregiudizi per la salute pubblica:
“…6.3. Ora, nel caso in esame deve anzitutto escludersi che gli organismi deputati a tale valutazione abbiano trascurato di approfondire la tematica.
Si osserva in proposito, che in sede di valutazione Via ed Aia, la tematica è stata certamente esplorata (e l’argomento non è controverso, in quanto ciò è stato riconosciuto anche dal primo Giudice e neppure le appellanti incidentali contestano tale circostanza), per cui il difetto di istruttoria e motivazione in senso assoluto non è sostenibile.
Ad avviso di parte appellante incidentale, però, il detto apporto istruttorio (e le conclusioni positive in punto di realizzabilità dell’intervento che ne sono da esso discese) sono viziate, in quanto supportate da dati insufficienti e contraddittori.
6.3.1. Il Collegio non può concordare con tali considerazioni e sul punto la disamina del T.a.r. appare corretta.
6.3.2. Si evidenzia in proposito che:
a) nessuna parte originaria ricorrente di primo grado ha evocato la violazione dei limiti normativi di emissione: l’argomento non risulta né ipotizzato, né per il vero la sentenza impugnata si sofferma sul medesimo;
b) neppure è contestato che in sede di istruttoria VIA sia stata chiesta l’applicazione di limiti autorizzativi specifici inferiori a quelli derivanti dalle BAT;
c) il Collegio non intende discostarsi dalla giurisprudenza che ha condivisibilmente colto (T.A.R. Roma, -Lazio-, sez. II, 14/10/2010, n. 32824) che “i documenti BREF (“bat reference report” ossia rapporto sulle migliori tecnologie disponibili che viene adottato dalla Commissione europea) sono elaborati in sede UE al fine di suggerire agli Stati membri ed agli operatori del settore l’individuazione delle BAT (“best available techniques”, migliori tecniche disponibili: secondo l’acronimo italiano, le MTD) e le condizioni di applicabilità alle singole vicende. Le regole scaturenti dai BREF e, in particolare, i livelli d’emissione là posti non esprimono né valori massimi inderogabili, né tampoco valori limite d’emissione per i singoli inquinanti, servendo piuttosto ad indicare seri modelli di riferimento, applicati sulla scoria delle linee-guida, per migliorare allo stato dell’arie le prestazioni ambientali. Dal canto loro, dette linee-guida vanno non eseguite “tout court”, ma applicate in modo calibrato al tipo ed alle particolarità dell’impianto e del sito in cui si colloca, negli ovvi limiti non solo delle conoscenze tecniche, ma soprattutto della loro sostenibile realizzabilità tecnica ed economica nel singolo contesto, al fine d’ottenere il miglioramento sperato in termini di valori d’emissione. E siffatta sostenibilità è tenuta presente dal BREF, laddove reputa i limiti indicati nelle BAT raggiungibili non “illic et immediate” – a pena, cioè, di v.i.a. negativa per il sol fatto dello sforamento anche d’un solo parametro -, bensì con ragionevole gradualità, lungo un ampio arco di tempo ed in un ottimale assetto d’esercizio dell’impianto. Dal che non tanto la vincolatezza a priori di tali dati come se fossero sempre e comunque valori massimi d’emissione, ma più propriamente la necessità di considerarli come obiettivi da raggiungere nel tempo occorrente affinché si contemperino con tutte le situazioni, locali, ambientali ed economiche in cui si colloca l’impianto o, in parole più semplici, affinché si realizzi un adeguamento dei limiti emissivi realistico e realizzabile “: è poi del tutto ovvio (Consiglio di Stato, Sezione Sesta n.3107 del 23 maggio 2011 che ha riformato, in parte, la sentenza prima citata) che debbano essere eventualmente “esplicitate le ragioni di tipo tecnico che giustificano viceversa lo scostamento da quei valori”;
d) le doglianze della parte appellante incidentale si dirigono quindi verso un impianto che non supera i suindicati livelli.
6.4. Più in particolare, ritiene il Collegio di evidenziare una circostanza: il dato nodale, risultante dagli atti del procedimento, e colto correttamente dal primo Giudice (che, infatti, ha disatteso la censura), è quello per cui dai dati trasmessi dall’ ASL 3 di Nuoro alla Regione si evince che l’incidenza in percentuale dei tumori non è superiore – nel distretto di Macomer – rispetto a tutti gli altri distretti dell’Azienda; ed anche il documento ISDE (sul quale si è incentrata, in massima parte, la critica articolata in primo grado dalla parte originaria ricorrente) rileva che i <nuovi impianti>, con le moderne tecnologie, determinano una minore emissione (in particolare di diossine).
6.4.1. Ora, pare al Collegio che la parte originaria ricorrente pretenda, sul punto, un sindacato di intensità incompatibile con i limiti del giudizio di legittimità in quanto:
a) l’istruttoria v’è stata ed è stata piena e approfondita;
b) essa si è svolta sulla scorta di dati analizzati dall’Organo tecnico a ciò preposto;
c) il principio di infungibilità delle valutazioni tecniche (si vedano gli artt. 19 e 20 della legge n. 241/1990) consente di revocare in dubbio l’attendibilità dei dati da queste offerti, soltanto in casi di manifesta arbitrarietà ed irragionevolezza;
d) la parte originaria ricorrente, al più, ipotizza l’incompletezza e frammentarietà di detti dati, ma da nessun atto acquisito al procedimento emerge un dato contrario, che si ponga in netto contrasto con le valutazioni dell’Amministrazione e tale da potere instillare financo il dubbio che le valutazioni su cui si sono fondate le autorizzazioni impugnate siano complessivamente inattendibili;
e) a fronte di un simile quadro, anche la prospettazione secondo la quale sarebbe necessaria una ulteriore istruttoria sul punto non è accoglibile, in quanto si ipotizzerebbe che, in carenza di dati dimostrativi della sussistenza di parametri di irragionevolezza/abnormità, questo Collegio si sostituisse agli organi consultivi e di amministrazione attiva che hanno effettuato le valutazioni impugnate: il che, è proprio ciò che l’ordinamento non prevede;
f) in ultimo, e con portata troncante: neppure è stata contestata (art. 64 del c.p.a.) la veridicità delle asserzioni contenute nelle pagg. 4-7 della memoria in ultimo depositata dalla provincia di Nuoro in data 5 giugno 2017 ed ivi efficacemente illustrate negli “specchietti” riepilogativi dai quali si evince che le emissioni cui dovrebbe dare luogo il rinnovato impianto sono di gran lunga inferiori ai limiti di legge: in tale contesto, le preoccupazioni della parte originaria ricorrente di primo grado non sono suscettibili di favorevole delibazione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sui riuniti appelli principali li accoglie, respinge l’appello incidentale e per l’effetto, in riforma parziale della sentenza di primo grado, respinge integralmente il ricorso di primo grado, con salvezza degli atti impugnati.
Spese processuali del doppio grado di giudizio integralmente compensate tra tutte le parti, mentre sulla originaria ricorrente soccombente grava l’obbligo di rimborsare il contributo unificato versato dalle amministrazioni vittoriose sull’appello, come in epigrafe proposto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 luglio 2017.
E’ una pronuncia fondamentale per quanti volessero avere una autorevolissima risposta agli interrogativi posti in tutti questi anni.
Il Consiglio di Stato certifica ineccepibilmente come non vi siano pericoli per la salute pubblica (posizione, peraltro, affermata anche dal TAR nella pronuncia precedente), che non sia stato violato il principio di precauzione, che il Piano regionale rifiuti non poteva considerarsi tecnicamente “scaduto”, che l’opzione Tossilo era coerente con il Piano regionale Rifiuti 2008 e che le procedure autorizzative seguite dalle amministrazioni pubbliche sono da considerarsi corrette e immuni da vizi.
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