
di Gianfranco Congiu, avvocato, già consigliere regionale nella XV legislatura.
Un paio di riflessioni a margine della riunione del tavolo di filiera di ieri:
1) presenza dei pastori all’interno del Consorzio di Tutela: come fare?
Su questo punto il tavolo non va oltre una vaga petizione di principio convenendo sulla necessità di consentire ai produttori una giusta e adeguata rappresentanza all’interno del Consorzio. Niente di più.
Ebbene faccio notare che questa possibilità esiste già ed è contemplata dall’art. 6 dello Statuto che, riconosce ai pastori (ditte produttrici di latte) il diritto di essere ammessi a far parte del Consorzio.
Se però, le Ditte produttrici di latte sono associate alle cooperative di primo grado, produttrici di Pecorino Romano DOP, sono rappresentate da queste (art. 6 comma 2 statuto).
Questo è il punto: attualmente non è che i pastori sono fuori dal Consorzio, è che la loro rappresentanza è attribuita alle cooperative.
Che fare? Si modifichi lo Statuto consortile (basta convocare l’assemblea straordinaria e non il tavolo di filiera) riscrivendo il comma 2 in questo modo: Le Ditte produttrici di latte associate alle cooperative di primo grado, produttrici di Pecorino Romano DOP, POSSONO da queste essere rappresentate.
Così facendo viene rispettata la volontà di quei produttori che vorrebbero mantenere incardinata la loro rappresentanza in capo alla Cooperativa di riferimento ma, altresì, verrebbe rispettata anche la volontà di quanti coloro vorrebbero stare dentro il Consorzio in proprio.
2) Tutele contro le sovrapproduzioni: inesistenza di un adeguato sistema sanzionatorio.
Oramai il dato è unanimente acquisito: le dinamiche di prezzo e i relativi squilibri sono determinati dai volumi di Pecorino prodotto.
Il punto di equilibrio di produzione (detto anche tetto produttivo) è stato fissato in 270.000 quintali, superato il quale il prezzo crolla.
Lo strumento per il controllo dei flussi (sia del latte conferito che del formaggio prodotto) è il Piano di Regolazione dell’offerta, approvato con decreto ministeriale 09.03.2016 (attualmente scaduto e prorogato sino a luglio 2019).
Cosa succede se un caseificio supera la quota di produzione assegnata e, quindi, travalica il tetto produttivo?
Il Piano delinea un sistema pseudosanzionatorio (descritto al punto 3.6 del Piano) in cui viene prevista la cd. Contribuzione differenziata aggiuntiva: per ogni Kg di prodotto eccedente la quota, viene addebitato un contributo supplementare pari a 0,16 €/kg, per Kg di formaggio prodotto.
Ebbene, è di tutta evidenza l’insufficienza di un tale sistema che non sortisce ne’ un adeguato effetto deterrente per le imprese di trasformazione che violano il Piano, ne’ rappresenta una sanzione adeguata e proporzionata rispetto ai danni che le scorrette pratiche produttive arrecano all’economia dell’intera isola.
Che fare?
Certamente è necessario riscrivere la norma, costruendola in termini di vera e propria sanzione, non limitata ad una penalità finanziaria ma prevedendo, nel caso di “grandi splafonatori” (cioè trasformatori che superano di almeno il 20% la quota loro assegnata o nei caso di recidiva) anche misure drastiche come la chiusura temporanea dello stabilimento o similari.
Per fare ciò è urgente modificare il Piano della Offerta convocando l’Assemblea dei Soci (non il tavolo di filiera) e portando in approvazizone il nuovo Piano e le relative modifiche; successivamente richiedere l’approvazione al Ministero.
Questa e’ la strada. Diffiderei dalle scorciatoie o dalle meline inconcludenti.
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