
Non vorrei che in queste ore ci consumassimo in inutili diatribe e si sciupasse una occasione storica: mobilitare la Sardegna attorno ad un tema capace di imprimere una svolta.
Provo a sviluppare il ragionamento.
Fin dai primi vagiti della manovra di bilancio 2017 si capiva che questa sarebbe stata una Finanziaria azzoppata da scelte governative e statali che, sulla base di un patto ormai superato, continuano ad imporre accantonamenti di risorse (tecnicamente vere e proprie trattenute di quote di compartecipazione al gettito di tributi erariali di spettanza della Regione a titolo di concorso alle misure di risanamento della finanza pubblica) al pari di altre regioni italiane che però non si pagano – come invece fa la Sardegna – la sanità, la continuità territoriale oltre alla università, scuola, sociale, welfare e tanto altro ancora. Anzi diciamo: al pari di altre regioni italiane che neppure hanno il problema della continuità territoriale.
Fin dai primi vagiti della finanziaria 2017 dicevamo, quindi, che quel patto andava rivisto (clicca qui) .
Su questo livello di consapevolezza anche tutti i settori della società sarda che dopo il consueto ciclo di audizioni, ci confermano che il tema dell’eccessivo peso (e ingiustezza) degli accantonamenti statali è un dato anche socialmente acquisito.
Va solo fronteggiato. Come?
Io propendo per l’avvio di un immediato confronto con il governo (le modalità le vedremo) forte, anche, di una serie di pronunce della Corte Costituzionale che negli ultimi due anni ha dichiarato illegittimi gli accantonamenti, ad esempio, in ambito sanitario (art. 15 D.L. 95/2012: ma il discorso non cambia neppure nel campo dei trasferimenti agli Enti Locali e Province – art. 16 bis D.L. 95/2012 parimenti dichiarata incostituzionale) (clicca qui).
Insomma quando lo Stato non concorre al finanziamento della spesa sanitaria (è il caso della Sardegna per effetto dell’intesta istituzionale Soru -Prodi) non può neppure dettare norme di coordinamento finanziario e quindi imporre accantonamenti. Men che meno ripeterli e reiterarli negli anni.
Quindi AGIAMO. Ci sono già tutte le condizioni: condivisione politica (quantomeno delle premesse), consenso sociale, conformi precedenti giurisprudenziali.
Non sono perciò favorevole ad una mobilitazione finalizzata a discutere le iniziative per assicurare la restituzione degli accantonamenti : il tema è già nella nostra disponibilità politica ed è già sollecitato da tutti i settori della società sarda.
Sono assolutamente favorevole, invece, ad un’ampia mobilitazione di popolo ma attorno ad un TEMA CAPACE DI IMPRIMERE UNA SVOLTA.
Concordo con quanto oggi scritto da Paolo sul suo blog (clicca qui) a proposito di “quando si convoca il popolo”: ad esempio sulla SOVRANITA’ FISCALE che è un tema CAPACE DI IMPRIMERE UNA SVOLTA.
Da lì derivano le misure di riduzione/adeguamento delle aliquote (cfr. fiscalità di vantaggio) e quindi la prospettiva di una VITA MENO CARA per chi sta in Sardegna, adeguata agli standard di chi non soffre le pene dell’inferno per muoversi, per spostarsi, per cercare lavoro; di chi paga la benzina quanto la paghiamo noi (pur non avendo la Saras), di chi è costretto a imbarcare le merci con costi che altrove neppure hanno… e così via.
Cosa voglio dire: la mobilitazione popolare serve per sostenere il cambiamento, non per governare una partita di giro.
La mobilitazione popolare serve per accreditare riforme strutturali, altrimenti trasformeremo tutto nella solita rivendicazione autonomista, molto più incline (e allenata) a discutere sull’entità delle risorse che sulla ridistribuzione dei poteri.
E alla Sardegna servono entrambe. Ma soprattutto più poteri.
Gianfranco Congiu, capogruppo del Partito dei Sardi in Consiglio regionale
COMUNICATO STAMPA DELL’8 FEBBRAIO 2017
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