
Ieri abbiamo preso la decisione di abbandonare l’aula e non partecipare al voto sulla bozza di intesa programmatica sulle servitù militari.
Pensiamo che alla Sardegna, agitata da un dibattito mai sopito sulla colonizzazione militare, non serva un Protocollo d’Intesa per il coordinamento delle attività militari presenti nel territorio della Regione (questo è il titolo della Intesa) men che meno un atto privo di quella tensione politica, emotiva e culturale le cui stimmate, scolpite in generazioni di Sardi, esaltano i tratti del nostro Popolo.
Il giudizio che abbiamo dato e’ un giudizio di insufficienza dell’articolato rispetto alle premesse, politicamente subordinato alle istanze della Difesa italiana, indice di un pericoloso arretramento rispetto al punto politico segnato sin dal 2012 con la mozione votata dal Senato il 8 marzo 2012 (on. Scanu) dove si parlava di “dismissione dei Poligoni di Capo Teulada e Capo Frasca, riqualificazione del Poligono del Salto di Quirra, con eliminazione di tutte quelle attività che risultino suscettibili di produrre danni gravi ed irreversibili alla salute umana, animale e all’ambiente; a procedere alla bonifica delle aree non più soggette a vincolo con sviluppo delle attività relative allo sviluppo tecnologico nel campo della radaristica, microelettronica, robotica, alla ricerca aerospaziale….” etc…
Di seguito la trascrizione completa del mio intervento.
Parlamento Sardo
Seduta n.267 del 12/12/2017
Interventi sulle dichiarazioni del Presidente della Regione ai sensi dell’articolo 120 del Regolamento sulle servitù militari in Sardegna.
GIANFRANCO CONGIU (Partito dei Sardi)
È curioso che a questo punto del dibattito nessuno degli intervenuti abbia pronunciato l’unica parola che da oltre quarant’anni, quando si parla di servitù militari, ha titolo e cittadinanza nel dibattito sulla “militarizzazione della Sardegna” ed è la parola COLONIZZAZIONE.
È curioso che a questo punto del dibattito nessuno abbia sentito il dovere di richiamare quella che nella primavera del ’56 è stata la più grande operazione di colonizzazione postbellica effettuata su un unico territorio.
È curioso che a questo punto del dibattito nessuno abbia incarnato quella protesta sociale, quel pathos che qui in Sardegna, quando si parla di servitù militari, noi tutti ci portiamo addosso.
Perché se è vero che possiamo dividere la popolazione tra militaristi e antimilitaristi, non so con quali percentuali, ma certamente, sottoponendo ad un quesito referendario il fatto che su questo tema noi si abbia titolo oppure no per decidere, beh, io penso che la risposta sarebbe monolitica: noi sardi dobbiamo avere la capacità di incidere, di decidere. Noi sardi non vogliamo più essere colonia.
La colonizzazione della Sardegna per mano del Ministero della difesa oggi ci presenta il conto di una situazione che ha dell’assurdo: il 60 per cento della presenza militare italiana è qua, il resto è un 30 per cento nel Friuli e uno zero virgola in altri piccoli agglomerati regionali.
Oggi veniamo chiamati ad un giudizio sulla accettabilità di uno schema di protocollo d’intesa ma è chiaro che, nell’approccio ad un giudizio nel merito delle cose che leggiamo nel protocollo, ci portiamo appresso il nostro corredo emotivo, ci portiamo appresso la sensazione di essere una colonia e di non volerlo più essere, ed è chiaro che ogni occasione per discutere di servitù militari o di colonizzazione militare è vissuta dal popolo sardo con una speranza di svolta.
E allora il tema è: se valutiamo l’intesa sulla base di ciò che serve alla Sardegna, non posso che iniziare col dire che NON SERVE una INTESA PER IL COORDINAMENTO DELLE ATTIVITÀ MILITARI PRESENTI NEL TERRITORIO DELLA REGIONE (questo è il titolo esatto, al di là dell’enfasi, del documento sottoposto al Consiglio).
Dire «Io non voglio più essere colonia» è cosa ben diversa dal coordinamento delle forze armate presenti nel nostro territorio!
In Sardegna c’è una storia che va conosciuta, una storia di pulsioni politiche, di tensioni che hanno attraversato tutti coloro, cittadini, partiti e istituzioni che da quarant’anni si sono occupati di questo tema; ci sono Presidenti che hanno fatto dei passi significativi, altri meno significativi, qualcuno non ne ha fatto per nulla. Oggi il Presidente fa un passo, un altro lo ha fatto nel 2014 rifiutando, dice «battendo i pugni» ed è vero, rifiutando, e oggi ci presenta il risultato proponendoci un modello di intesa. Il nostro corredo emotivo ci guiderà nella valutazione del modello di Intesa, ci guiderà il nostro corredo emotivo, il nostro sentire politico, ma nella consapevolezza che non siamo oggi all’anno zero, oggi siamo in una fase in cui dobbiamo necessariamente ricevere dal passato quello che di buono ci ha tramandato, anche sotto il profilo degli accordi precedenti, sotto il profilo di quelle pillole di piccoli risultati che in un sistema coloniale siamo riusciti a strappare.
Chi è colonizzato non ha voce in capitolo, e mi pare che noi siamo in questa situazione, ma quando si riesce a strappare un accordo, un protocollo, un’intesa, una norma, quando si fanno due Commissioni parlamentari nazionali che concludono con l’esistenza di un alto profilo di rischio epidemiologico derivante dall’uso di inquinanti, quando vi sono atti formali che segnano un cammino verso una smilitarizzazione, inseriamoci in questi processi senza pensare che oggi si sia l’anno zero.
Dico questo perché scorrendo l’intesa vedo che vi sono delle norme, qualcuno si è già intrattenuto, vi sono delle norme che rappresentano un po’ il punto di arrivo di battaglie già fatte e che non vanno rinegoziate ma solo fortemente pretese.
Seguendo l’articolato, all’articolo numero 2, vedo che vi sono una serie di azioni specifiche, per esempio la prima è la sospensione delle attività a fuoco. Noi inseriamo nell’accordo, ad esempio, il fatto che dal 1° giugno al 30 settembre vi sia il blocco delle attività, però anche il Presidente stamattina nella sua esposizione ha detto che il ministro Pinotti già dal 2014 ha accolto la richiesta, e allora io mi chiedo per quale motivo oggi viene inserita nel protocollo: se non viene inserita significa che viene vanificata? Quindi, tutto ciò che non viene caricato su questa intesa è rinunciato o escluso? Questo è un problema.
Cessione di Porto Tramatzu, che è un po’ la parte romantica della vicenda. Beh, la norma recita esattamente così: «la cessione della spiaggia di Porto Tramatzu, e relative pertinenze, garantendo comunque le attività in poligono e prevedendo convenzioni di uso, includendo anche clausole di protezione sociale per il personale della Difesa appartenenti alle fasce di reddito più basse».
Non dice la norma cessione a titolo definitivo, dice restituisco, dice cedo, anzi non restituisco, ma le forze armate che continuino pure a fare quello che hanno sempre fatto. Diciamo che utilizzare questa norma come paradigmatica di un riequilibrio della presenza militare è quantomeno una forzatura.
Spiagge bianche la stessa cosa, Caserma Ederle idem, concessione dell’uso temporaneo di spiaggia Murtas, Capo San Lorenzo è già attiva da anni, sulle bonifiche ha già parlato l’onorevole Cherchi. Dicevo che nei rapporti con il Ministero non dobbiamo dimenticarci di quelle pillole di risultati conseguiti negli anni ma che segnano anche un clamoroso inadempimento del Ministero della difesa rispetto ai patti siglati sino ad oggi. Il Ministero della difesa è inadempiente rispetto a tantissimi accordi, ad esempio quello del 2008, che doveva essere attuato entro tre anni, nel 2011 fu prorogato per altri 2, e non capiamo perché oggi debba essere nuovamente considerato oggetto di accordo, quando nell’accordo precedente erano stati individuati i beni negli allegati A B e C. Nell’allegato B erano stati individuati i beni immediatamente dismissibili, nell’allegato C erano stati individuati i beni dismissibili previa riallocazione e via discorrendo. Perché oggi richiamiamo l’operatività dell’articolo 8 solo ed esclusivamente con riferimento però alla attività di dismissione? L’accordo del 2008 se proprio lo dobbiamo richiamare conteneva tutta una serie di norme, che sono veramente importanti e penso patrimonio di tutti noi, ricordo l’articolo 5 dell’Accordo 2008 che traccia quella che viene definita la responsabilità per l’inadempimento; dice esattamente: le parti – e le parti sono Ministero Difesa, Regione Sardegna, Agenzia del demanio – le parti si impegnano ad adempiere al presente accordo secondo buona fede volendo altrimenti rispondere per danni. Ed ancora l’articolo 6 che istituisce il Comitato di Vigilanza a garanzia dell’attuazione di quell’accordo, l’articolo 7 che istituisce la figura del Responsabile dell’Accordo nonché l’articolo 9 sulla gestione delle eventuali controversie derivanti dall’attuazione dell’accordo.
Così come incomprensione la norma di cui all’articolo 5 che stabilisce che l’intesa ha validità di 24 mesi oltre i quali il Protocollo si intenderà decaduto a meno di espressa richiesta di proroga formalizzata da una delle parti e accettata dall’altra. Mi chiedo: perché sottoporre la proroga all’accettazione della controparte rischiando che non la dia? Mi chiedo chi abbia scritto questa norma e quali scenari si sarebbe prefigurato. Faccio solo notare che la proroga del termine era prevista anche nell’accordo 2008 («il presente accordo ha durata di tre anni… è in facoltà delle parti prorogarlo») ma era un diritto disponibile dalle parti senza alcuna bisogno di alcuna accettazione.
GIANFRANCO CONGIU (Partito dei Sardi)
[Intervengo] per dichiarare che non intendiamo partecipare al voto e abbandoneremo l’Aula. Riteniamo e confermiamo il giudizio di insufficienza rispetto al testo che oggi è stato proposto, riteniamo che la condizione prevista poi dell’articolato sulla operatività dell’accordo sottoposto alla condizione sospensiva dei due anni sia oltremodo pericoloso, non intendiamo partecipare al voto e dichiariamo di abbandonare i lavori.
Il Partito dei Sardi aveva sottoscritto con Pigliaru un accordo elettorale basato su quattro punti, tutt’ora disattesi. Anche la recente sentenza della Corte Costituzionale certifica che in sostanza Pigliaru e alleati hanno preso un bello schiaffo da questo governo nazionale.
Se vengono disattesi gli accordi sottoscritti, non rimane altro che mandare in pensione questo presidente, e tornare al voto.
P.S. Non rivoterò più il PdS
Onorevole,
condivido le sue considerazioni, tuttavia credo siano imprecise in un punto chiave.
Non credo sia esatto affermare che la colonizzazione della Sardegna è avvenuta a causa del Ministero della difesa, quindi dei governi italiani dell’epoca.
Dopo i fatti della seconda guerra mondiale, i due sconfitti (Germania e Italia), sono stati di fatto commissariati dal blocco delle potenze vincitrici.
I presunti liberatori, ossia gli USA (Francia e Inghilterra manovalanza) dopo aver istituito NATO etc. hanno ben pensato di scegliere anche la nostra regione come base logistica ideale per attività dell’alleanza atlantica: poca popolazione, terra e specchi di mare vasti.
Sardegna teatro ideale per tutte le attività militari legate all’alleanza.
Quelle decisioni le subiamo ancora oggi: vedi politiche trasporto aereo-marittime imposte e disturbano attività belliche.
Controllo dello spazio aereo-marittimo già deciso a livello europeo.
Non capisco che senso abbia continuare a prendersela con governo italiano di turno, di fatto meri esecutori di politiche europee/tedesche imposte dall’alto (Stati Uniti e Germania).