
La legge di Riordino degli Enti Locali appena varata sarà destinata ad aprire nuovi scenari nel governo dei territori e, come sappiamo, nuovi scenari significano nuove opportunità per coloro che sapranno coglierle.
E’ indubbio che la legge valorizzi i processi aggregativi tra Enti Locali, ma il rischio che tali processi avessero più occhi per i grandi centri urbani, era forte.
Abbiamo quindi interpretato il nostro ruolo all’interno del Parlamento sardo come un esercizio di statualità, con l’obiettivo di mettere in campo non solo una legge utile, ma che tale fosse per tutti: per le città e per i piccoli centri, per i grossi agglomerati urbani e per le piccole realtà rurali.
Ci siamo intestati norme che codificassero principi, per noi, imprescindibili: lotta alla disparità tra territori (art. 1) , sì alle perequazioni e al riequilibrio finanziario e funzionale dei territori marginali (art. 3) , pari opportunità per tutti gli ambiti territoriali a prescindere dalla consistenza numerica delle città che vi ricadono (art. 5)
Il tutto nel solco di una modernità capace di guardare sempre più favorevolmente ai modelli aggregativi (unioni dei comuni e reti), ma senza ripudiare la caratterizzazione delle nostre “regioni storiche” e che oggi vengono declinate in “ambiti territoriali ottimali e strategici“.
La Sardegna non è fatta solo di poli urbani o di città metropolitane o di città medie: su 377 Comuni 270 non superano i 3.000 abitanti e 78 Comuni hanno una popolazione tra i 3.000 e i 10.000 abitanti. Stiamo parlando del 90% dei Comuni isolani la gran parte dei quali ricade nel centro Sardegna e nelle zone interne del nuorese.
Abbiamo guardato a queste realtà scrivendo norme che consentissero, anche agli ambiti marginali (senza città medie o reti di città), di sedere al tavolo della programmazione regionale strategica senza distinzione di rango o censo;
a queste realtà marginali abbiamo pensato ottenendo la codificazione del principio della “perequazione” (parità di risorse e di funzioni) nell’ottica di evitare disparità territoriali.
Dal combinato disposto di queste norme derivano nuove opportunità per i territori che vorranno riprendere quelle relazioni, vive e vitali in passato, ma frustrate da un modello Provinciale accentratore e oppressivo.
Il Marghine potrà riprendere le relazioni con la Planargia ed insieme guardare al Montiferru, al Mejlogu e al Guilcer, in un disegno omogeneo di sviluppo strategico socio economico in cui innestare le necessarie funzioni amministrative.
Ora la parola passa ai Comuni e alla loro capacità di coesione.
Le norme ci sono.
Gianfranco Congiu, Consigliere regionale del Partito dei Sardi
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